Mi ricordo di quando ero piccola, quando il Natale lo aspettavi dalla fine di novembre. Quando Natale voleva dire vacanze da scuola, l'attesa per la notte con i regali, la Messa a mezzanotte e la festa che dura due settimane. Mi ricordo l'emozione che aumentava al tramonto, quando l'aria era fredda ma addolcita dall'odore di fritto e dolce che usciva da ogni casa.
E oggi, anche se sono cresciuta, Natale è sempre emozionante. Per le luci, per l'attesa, per lo stare insieme, per la gioia di fare i regali e anche di riceverne. Per la speranza che l'anno nuovo sia migliore di quello che vecchio e che porti cambiamenti veri, radicali.
Buon Natale a tutti, ma proprio tutti. A chi ha un lavoro e chi lo ha perso, ha chi passerà le feste sul tetto di una fabbrica per protesta, a chi ama il Natale e anche a chi non lo ama. Tanti auguri a chi ha ancora voglia di sperare che le cose andranno meglio, a chi si prodiga perché veramente qualcosa cambi. Auguri a chi sta male, perché il Natale è il momento della speranza. Auguri a chi è appena arrivato in questo mondo, perché anche loro piccoli oggi ma grandi domani possano fare qualcosa di buono per tutti.
Maranathà.
giovedì 24 dicembre 2009
domenica 29 novembre 2009
Giacomino (Leopardi) ci sta sempre bene
Il sabato del villaggio
La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole,
onde, siccome suole,
ornare ella si appresta
dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dì della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni dell'età più bella
già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giù da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore:
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dì del suo riposo
poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi il chiarir dell'alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.
La donzelletta vien dalla campagna,
in sul calar del sole,
col suo fascio dell'erba; e reca in mano
un mazzolin di rose e di viole,
onde, siccome suole,
ornare ella si appresta
dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
su la scala a filar la vecchierella,
incontro là dove si perde il giorno;
e novellando vien del suo buon tempo,
quando ai dì della festa ella si ornava,
ed ancor sana e snella
solea danzar la sera intra di quei
ch'ebbe compagni dell'età più bella
già tutta l'aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l'ombre
giù da' colli e da' tetti,
al biancheggiar della recente luna.
or la squilla dà segno
della festa che viene;
ed a quel suon diresti
che il cor si riconforta.
I fanciulli gridando
su la piazzuola in frotta,
e qua e là saltando,
fanno un lieto romore:
e intanto riede alla sua parca mensa,
fischiando, il zappatore,
e seco pensa al dì del suo riposo
poi quando intorno è spenta ogni altra face,
e tutto l'altro tace,
odi il martel picchiare, odi la sega
del legnaiuol, che veglia
nella chiusa bottega alla lucerna,
e s'affretta, e s'adopra
di fornir l'opra anzi il chiarir dell'alba.
Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Garzoncello scherzoso,
cotesta età fiorita
è come un giorno d'allegrezza pieno,
giorno chiaro, sereno,
che precorre alla festa di tua vita.
godi, fanciullo mio; stato soave,
stagion lieta è cotesta.
Altro dirti non vo'; ma la tua festa
ch'anco tardi a venir non ti sia grave.
domenica 15 novembre 2009
Per la serie: quelnonsoche
Quelnonsoche che ti lascia l'amaro in bocca. Che ti fa pensare con tristezza ai vasi rotti con i cocci incollati. Che ti fa venire voglia di scrivere, ma è una voglia che passa presto. Allora lasci stare. Che quelnonsoche ti rende apatico.
giovedì 5 novembre 2009
Mi chiamo Marta. "Come quella del Vangelo".
Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. [6]Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. [7]Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». [8]I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». [9]Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; [10]ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». [14]Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto [15]e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». [17]Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era gia da quattro giorni nel sepolcro. [18]Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia [19]e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. [20]Marta dunque, come eppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. [21]Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! [22]Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». [23]Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». [24]Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». [25]Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; [26]chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». [27]Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».
domenica 1 novembre 2009
ciao Alda.
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra.
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra.
mercoledì 28 ottobre 2009
Il potere di una foto
Vedi una foto e si annulla ogni lontananza, spaziale e temporale. Guardi una foto e ti batte il cuore, perché dentro leggi l'amore più bello che c'è. E senti che un viso familiare lo è ancora di più, che chi pesa l'amicizia sul numero di telefonate o sul numero di sms non è che abbia proprio capito molto di come va il mondo.
Oggi ne ho viste cinque di quelle che ti rimettono al mondo. La vita che prosegue, nonostante tutto e tutti, è un ciclo continuo di emozioni. Non si ferma, perché la vita è più forte di tutto, vince ogni cosa e non teme alcunché. E' bella la vita.
Oggi ne ho viste cinque di quelle che ti rimettono al mondo. La vita che prosegue, nonostante tutto e tutti, è un ciclo continuo di emozioni. Non si ferma, perché la vita è più forte di tutto, vince ogni cosa e non teme alcunché. E' bella la vita.
martedì 27 ottobre 2009
Taccio, ma non acconsento
L'estate è finita.
L'inverno va e viene.
E io sono tornata.
Taccio, ma non acconsento.
L'inverno va e viene.
E io sono tornata.
Taccio, ma non acconsento.
lunedì 3 agosto 2009
Riposo
Oggi è stato il mio primo giorno di ferie.
Una giornata ventosa, senza sole e pure con qualche goccia di pioggia. Ma è stata una giornata lenta, senza impegni, trascorsa ciondolando per casa e poi passeggiando qua e là.
Sento che il fisico si sta adattando al riposo, l'emicrania mi dice che i nervi stanno allentando la presa, il sonno profondo racconta di tante ore non consumate che ora chiedono di essere lasciate sulle lenzuola.
Sento la testa che si svuota, pronta solo a raccogliere le immagini di un film al cinema, il rumore quieto di una Roma semideserta ma bellissima come sempre. Le risate delle amiche che non vedo da un po', ma alle quali ho tanto da raccontare. I pensieri vanno liberi, senza freni. Aspetto di godermi qualche giorno così, senza meta prima di tuffarci in Portogallo. Stasera riprendo la guida in mano, focalizzo qualche dettaglio in più. L'ho tenuta di proposito sullo scaffale, lontano dal computer, dai fogli, dalle penne, per non sporcare il nostro viaggio con la mia quotidianità.
Mi godo il silenzio e la pace che sto conquistando, per poi assaporare solo il riposo. Ogni tanto guardo oltre e sbircio l'autunno. Ma non c'è fretta, il futuro lo lascio dov'è.
Una giornata ventosa, senza sole e pure con qualche goccia di pioggia. Ma è stata una giornata lenta, senza impegni, trascorsa ciondolando per casa e poi passeggiando qua e là.
Sento che il fisico si sta adattando al riposo, l'emicrania mi dice che i nervi stanno allentando la presa, il sonno profondo racconta di tante ore non consumate che ora chiedono di essere lasciate sulle lenzuola.
Sento la testa che si svuota, pronta solo a raccogliere le immagini di un film al cinema, il rumore quieto di una Roma semideserta ma bellissima come sempre. Le risate delle amiche che non vedo da un po', ma alle quali ho tanto da raccontare. I pensieri vanno liberi, senza freni. Aspetto di godermi qualche giorno così, senza meta prima di tuffarci in Portogallo. Stasera riprendo la guida in mano, focalizzo qualche dettaglio in più. L'ho tenuta di proposito sullo scaffale, lontano dal computer, dai fogli, dalle penne, per non sporcare il nostro viaggio con la mia quotidianità.
Mi godo il silenzio e la pace che sto conquistando, per poi assaporare solo il riposo. Ogni tanto guardo oltre e sbircio l'autunno. Ma non c'è fretta, il futuro lo lascio dov'è.
giovedì 23 luglio 2009
L'estate
Mi piace l'estate. Il caldo, l'afa, il sole, forte. Mi piace l'atmosfera, di vacanza anche se si lavora. Mi piace perché le giornate sono lunghe, i tramonti sono rossi come il fuoco e sembrano non voler finire mai. Mi piace guardare il sole che si addormenta nel mare, piano piano. E che sorge presto la mattina. Mi piace guardare la luce forte dalle fessure delle persiane, mi piacciono i colori della terrazza e il profumo dei fiori che scoppiano di vita. Mi piace anche l'afa, quella appiccicosa, quella che ti toglie il respiro, perché dà il senso dell'estate. Mi piace quando sono al mare, sentire il vento e la sabbia che scotta sotto i piedi. Mi piace il sole sulla pelle, che entra dentro, fino al cuore e al cervello. Mi piace l'assenza di movimento delle ore dopo pranzo, le cicale che accompagnano il tempo. Mi piace il cielo azzurro, i palazzi e le case che sembrano più belli. E mi piace pensare alle vacanze che farò.
domenica 19 luglio 2009
La quiete dopo il silenzio
Qualche lettera, digitata di corsa. Poi via, dito anulare destro sul tasto e le parole non si sono più. Cancellate. Inizio a pensare che sia una maledizione, di quelle estive. Come quando è nata l'Araba Fenice, quando quel pezzo di mondo costruito piano piano, i sacrifici, le nottate, le pagine scritte e quelle passate sparissero nel nulla. Puf. Niente più. Dopo due anni, sembra la stessa storia: una di quelle che torna senza avvisare, come chi suona al campanello la domenica mattina presto. Non me l'aspetto, mi coglie di sorpresa. Dico che no, adesso basta, non si può proprio. Sto in silenzio, all'angolo, con il respiro corto.
Poi succede che attraverso una strada di campagna, in silenzio. La macchina scivola sulla lingua d'asfalto e vedo il verde e il marrone, il celeste del cielo spazzato dal vento. Ci sono i grilli e le cicale. C'è il caldo torrido. Accanto a me, la parte migliore della mia vita. Uno sguardo che cancella tutto il resto. La meraviglia della natura che riappacifica l'anima e accarezza il cuore. E' tutto qui.
Poi succede che attraverso una strada di campagna, in silenzio. La macchina scivola sulla lingua d'asfalto e vedo il verde e il marrone, il celeste del cielo spazzato dal vento. Ci sono i grilli e le cicale. C'è il caldo torrido. Accanto a me, la parte migliore della mia vita. Uno sguardo che cancella tutto il resto. La meraviglia della natura che riappacifica l'anima e accarezza il cuore. E' tutto qui.
martedì 16 giugno 2009
Cose di un altro mondo. Anzi no.
http://napoli.repubblica.it/multimedia/home/6482639
Questo è link di un video che racconta la nostra indifferenza, il nostro menefreghismo di fronte alla morte degli altri. E' un video che racconta di camorra, di prioiettili sparati per far capire che lì, ai quartieri spagnoli di Napoli comandano loro. E che colpiscono un giovane rumeno mentre sta entrando nella metro con la fidanzata. Lui si accascia morente, mentre la gente scappa da quel fuoco di proiettili. Quasi gli passano sopra, mentre la ragazza si dispera e lui agonizza per terra, come una bestia. Solo alla fine, dopo qualche minuto qualcuno chiama aiuto con il cellulare e una signora cerca di dare un fazzoletto alla ragazza che piange disperata. Una tristezza infinita. Anche questa è l'Italia.
Questo è link di un video che racconta la nostra indifferenza, il nostro menefreghismo di fronte alla morte degli altri. E' un video che racconta di camorra, di prioiettili sparati per far capire che lì, ai quartieri spagnoli di Napoli comandano loro. E che colpiscono un giovane rumeno mentre sta entrando nella metro con la fidanzata. Lui si accascia morente, mentre la gente scappa da quel fuoco di proiettili. Quasi gli passano sopra, mentre la ragazza si dispera e lui agonizza per terra, come una bestia. Solo alla fine, dopo qualche minuto qualcuno chiama aiuto con il cellulare e una signora cerca di dare un fazzoletto alla ragazza che piange disperata. Una tristezza infinita. Anche questa è l'Italia.
domenica 14 giugno 2009
Infiorata
Che bella. Ogni anno l'Infiorata è sempre meglio. L'aria carica di odori, di profumi, di parole, di chiacchiere e di passi sui sanpietrini.
Stamane c'era tanta gente, tutta assiepata ai lati di via Livia, mentre i quadri finivano di prendere forma. Stasera, invece, con il silenzio e il fresco sarà uno spettacolo indimenticabile.
Stamane c'era tanta gente, tutta assiepata ai lati di via Livia, mentre i quadri finivano di prendere forma. Stasera, invece, con il silenzio e il fresco sarà uno spettacolo indimenticabile.
giovedì 4 giugno 2009
Tante domande, qualche risposta
Più volte ho aperto la pagina del blog per aggiornarlo, scriverci qualcosa. Ma ogni volta, click, chiudevo e non scrivevo una riga. Un po' mi sento in colpa, perché quando ho iniziato il blog ero partita con le buone intenzioni. Un blog va trattato bene, va coltivato, come una pianta, se no muore. Poi, un blog con il nome come il mio non può spegnersi. L'araba fenice!
La cosa che mi bloccava era una domanda: ma cosa scrivo? Io che per mestiere ho il grande privilegio di raccontare ogni giorno tante storie, quando pensavo al blog mi sentivo scarica, come se non avessi storie belle da condividere. Invece, di cose in questo periodo ce ne sono state tante. L'Abruzzo, in primis, con il terremoto e tutto quello che ho visto, ascoltato, odorato nella settimana in cui ho praticamente vissuto tra tendopoli e macerie. Ho anche scritto un post, ma poi raccontando troppo mi sembrava di violare il silenzio, il dolore, la compostezza di quella gente. Quante parole sono state spese per loro! La speranza è che presto diventino fatti.
Di politica non parlo sul mio blog. La racconto e la vivo ogni giorno, la mia Araba fenice vorrei tenerla pulita. Almeno lei...
Allora, cosa racconto? Stasera, che è una bella sera di giugno fresca e profumata di gelsomino, non ho cose particolari da raccontare. Oggi, dopo quattro giorni di fila, non ho avuto la febbre. I miei domani mattina partono per Madrid, e questa è una bellissima notizia, visto che anche a causa nostra praticamente non sono mai andati da nessuna parte. E poi che sono abbastanza serena: anche questo mi ha insegnato l'Abruzzo. Ogni volta che mi viene l'angoscia, o qualche ansia, penso ai miei amici abruzzesi nelle tende, al loro orgoglio, alla loro speranza di rientrare nelle case. Alla loro tenacia, alla fiera appartenenza a quella terra che trema, trema sempre.
In questa sera di giugno, penso che certe volte non servono storie fantastiche per tenere un blog. Basta un pizzico di serenità, una famiglia in salute e la benedizione, come la mia, di avere un fidanzato d'oro e degli amici fidati e affettuosi.
Buonanotte.
P.S.: voglio aggiungere due righe. Per una persona che sicuramente leggerà questo post e che in questo periodo non sta benissimo. Non sono il mago merlino, non ho bacchette magiche né pozioni favolose. Ma tu, però, amica mia, tieni duro: perché il punto più buio, più nero, quello che ti attanaglia l'anima e che fa sembrare tutto più grande di te è il momento che precede l'alba. La luce è dietro l'angolo, stringi i denti.
La cosa che mi bloccava era una domanda: ma cosa scrivo? Io che per mestiere ho il grande privilegio di raccontare ogni giorno tante storie, quando pensavo al blog mi sentivo scarica, come se non avessi storie belle da condividere. Invece, di cose in questo periodo ce ne sono state tante. L'Abruzzo, in primis, con il terremoto e tutto quello che ho visto, ascoltato, odorato nella settimana in cui ho praticamente vissuto tra tendopoli e macerie. Ho anche scritto un post, ma poi raccontando troppo mi sembrava di violare il silenzio, il dolore, la compostezza di quella gente. Quante parole sono state spese per loro! La speranza è che presto diventino fatti.
Di politica non parlo sul mio blog. La racconto e la vivo ogni giorno, la mia Araba fenice vorrei tenerla pulita. Almeno lei...
Allora, cosa racconto? Stasera, che è una bella sera di giugno fresca e profumata di gelsomino, non ho cose particolari da raccontare. Oggi, dopo quattro giorni di fila, non ho avuto la febbre. I miei domani mattina partono per Madrid, e questa è una bellissima notizia, visto che anche a causa nostra praticamente non sono mai andati da nessuna parte. E poi che sono abbastanza serena: anche questo mi ha insegnato l'Abruzzo. Ogni volta che mi viene l'angoscia, o qualche ansia, penso ai miei amici abruzzesi nelle tende, al loro orgoglio, alla loro speranza di rientrare nelle case. Alla loro tenacia, alla fiera appartenenza a quella terra che trema, trema sempre.
In questa sera di giugno, penso che certe volte non servono storie fantastiche per tenere un blog. Basta un pizzico di serenità, una famiglia in salute e la benedizione, come la mia, di avere un fidanzato d'oro e degli amici fidati e affettuosi.
Buonanotte.
P.S.: voglio aggiungere due righe. Per una persona che sicuramente leggerà questo post e che in questo periodo non sta benissimo. Non sono il mago merlino, non ho bacchette magiche né pozioni favolose. Ma tu, però, amica mia, tieni duro: perché il punto più buio, più nero, quello che ti attanaglia l'anima e che fa sembrare tutto più grande di te è il momento che precede l'alba. La luce è dietro l'angolo, stringi i denti.
lunedì 4 maggio 2009
Storie di ordinaria inciviltà
Una sera qualunque, in un ristorante della via Tuscolana. E' sera tarda, quasi mezzanotte. Siamo rimasti in pochi, noi tre paghiamo e mentre aspettiamo il resto entra un uomo. Zoppica vistosamente, tanto che si deve appoggiare alla porta del locale. Chiede di fare una chiamata, ma il cameriere prima e il proprietario poi lo allontanano dicendo: "Il telefono non chiama, riceve solo". Noi lì per lì non capiamo, ma usciamo e troviamo l'uomo steso a terra con due ragazzi che stanno chiamando il 118 perché sta male, è ubriaco ed evidentemente ha problemi. Aspettiamo che arrivi l'ambulanza, lo caricano e lo portano via. Salutiamo i due ragazzi e ci allontaniamo. Però poi rientriamo nel locale, dicendo al proprietario che è stato un incivile. Che l'uomo stava male e bastava fare una chiamata al 113, al 112, al 118, insomma a chi gli pare. Lui risponde che ogni giorno gli entrano delinquenti, rapinatori, gente che chiede soldi. A nulla sono servite le nostre proteste: ci ha liquidati con due parole, a mezza bocca. Siamo usciti amareggiati, perché l'inciviltà fa male a tutti. Gli abbiamo detto che vorremmo vedere lui nella situazione di quell'uomo: avere bisogno di aiuto e trovarsi soli in strada senza un cane che chiami qualcuno. Non ci ha nemmeno guardati, ha continuato a fare i suoi conti.
domenica 19 aprile 2009
L'Aquila e dintorni
Non si può raccontare così in poche righe, con poche parole. Perché il terremoto è molto di più. E' più delle parole che possiamo scrivere o leggere. E' più delle immagini che possiamo guardare in televisione.
Una frustata, secca, di notte. E sparisce una città, buona parte della sua provincia. Il terremoto inghiotte le case, le auto, le strade, le persone. La vita. Resta la polvere che abbraccia tutto, te la ritrovi negli occhi, nella gola. La respiri perché nell'aria non c'è altro. Anzi, no. C'è l'odore della morte che ti resta addosso.
Nelle ore successive al terremoto a L'Aquila c'era solo il silenzio dello stordimento, vedi facce sbigottite, gente in pigiama che vaga nelle prime tendopoli senza alcuna meta. C'è la frenesia dei soccorsi, il rumore costante delle sirene che squarcia il silenzio surreale. Cammini e sotto i piedi senti sbiciolarsi gli intonaci che lo scossone ha staccato dalle pareti. La terra trema di continuo, non si ferma mai. Come ha scritto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera,. Nuvole di polvere si alzano nella valle sotto il centro storico dove i vigili del fuoco scavano, scavano, scavano. Tirano via i calcinacci dalla Casa dello studente, dove a ogni sussulto tutto si fermaa: potrebbe esserci qualcuno. Poco più avanti altri vigili del fuoco si fanno aiutare dai cani nella ricerca contro il tempo di dispersi che respirano. Ogni giorno è così, ora dopo ora.
Ho avuto il provilegio di raccontare il terremoto, di coglierne le sfumature, di capire cosa stava succedendo a quella bella città ridotta in polvere o poco più. Ho vissuto una settimana con chi non aveva niente, con chi aveva perso i fratelli, i genitori, i figli. Non co se sono riuscita a tradurre con le parole quello che ho visto.
Perché ogni volta torni a casa e non ce la fai a lasciare tutto lì, tra le tende blu della protezione civile. Ti porti via con te tutto, ti carichi sulle spalle un pezzo di quella croce che però è tutta loro e non solo per oggi. Ma per domani, quando si spegneranno i riflettori e la normalità inghiottirà i ricordi e le speranze. Quando tutti faranno i conti con i morti da piangere e con i vivi da consolare. Le 205 bare allineate, i venti bambini morti, le giovani vite spezzate nella Casa dello studente. Le lacrime, le grida disperate. Sono schizzi di un ricordo che non perderò mai, che rimarrà con me.
Una frustata, secca, di notte. E sparisce una città, buona parte della sua provincia. Il terremoto inghiotte le case, le auto, le strade, le persone. La vita. Resta la polvere che abbraccia tutto, te la ritrovi negli occhi, nella gola. La respiri perché nell'aria non c'è altro. Anzi, no. C'è l'odore della morte che ti resta addosso.
Nelle ore successive al terremoto a L'Aquila c'era solo il silenzio dello stordimento, vedi facce sbigottite, gente in pigiama che vaga nelle prime tendopoli senza alcuna meta. C'è la frenesia dei soccorsi, il rumore costante delle sirene che squarcia il silenzio surreale. Cammini e sotto i piedi senti sbiciolarsi gli intonaci che lo scossone ha staccato dalle pareti. La terra trema di continuo, non si ferma mai. Come ha scritto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera,
Ho avuto il provilegio di raccontare il terremoto, di coglierne le sfumature, di capire cosa stava succedendo a quella bella città ridotta in polvere o poco più. Ho vissuto una settimana con chi non aveva niente, con chi aveva perso i fratelli, i genitori, i figli. Non co se sono riuscita a tradurre con le parole quello che ho visto.
Perché ogni volta torni a casa e non ce la fai a lasciare tutto lì, tra le tende blu della protezione civile. Ti porti via con te tutto, ti carichi sulle spalle un pezzo di quella croce che però è tutta loro e non solo per oggi. Ma per domani, quando si spegneranno i riflettori e la normalità inghiottirà i ricordi e le speranze. Quando tutti faranno i conti con i morti da piangere e con i vivi da consolare. Le 205 bare allineate, i venti bambini morti, le giovani vite spezzate nella Casa dello studente. Le lacrime, le grida disperate. Sono schizzi di un ricordo che non perderò mai, che rimarrà con me.
giovedì 26 febbraio 2009
Un saluto
Io e i miei occhi nuovi salutiamo con affetto i due strumenti qui di fianco. E li ringraziamo anche, per averci aiutato negli anni (più o meno diciotto...) a saper mettere a fuoco le questioni, le persone. Grazie per averci permesso di vedere tutto quello che ci è passato davanti. Grazie per aver sopportato con noi le allergie, le congiuntiviti, le lacrime. Grazie per essere stati compagni fedeli di viaggi, vacanze e avventure. Grazie per averci permesso di guardare meglio ciò che ci ha circondato. Di averci permesso di stare al mare, in piscina, in montagna senza complicazioni. Grazie per averci fatto guardare sempre a lungo, senza problemi.
Ora ce la possiamo fare da soli, io e miei occhi nuovi. Giorno dopo giorno ci rafforziamo per poter essere indipendenti da voi speriamo il più a lungo possibile. Vi ringraziamo di nuovo e con il cuore: e questa volta, se scenderà una lacrima di commozione non si appanneranno nemmeno le lenti!
Ora ce la possiamo fare da soli, io e miei occhi nuovi. Giorno dopo giorno ci rafforziamo per poter essere indipendenti da voi speriamo il più a lungo possibile. Vi ringraziamo di nuovo e con il cuore: e questa volta, se scenderà una lacrima di commozione non si appanneranno nemmeno le lenti!
domenica 8 febbraio 2009
Lettera ai miei occhi
La prima cosa che ho visto con i miei occhi non la ricordo. Ho i primi ricordi dall'asilo, i colori delle pareti, il giallino di muri e soffitti, il verde del giardino, il blu dell'appendiabiti. E il bianco dei piatti di plastica, il verde dei contenitori dove portavano il pranzo e le mezze rosette con la Nutella per merenda. I colori della coperta con la quale mi addormentavo il pomeriggio. Poi, mi ricordo il colore del palazzo di casa mia. Così come i colori della mia cameretta, il rosa del giacchetto che indosso in una foto che conservo ancora. Poi, i volti delle maestre, quelli dei compagni, dei miei fratelli che crescevano.
Dalla V elementare, i miei occhi hanno avuto bisogno di un aiuto. Li ricordo bene, tondi e color oro. Poi c'è stata quello colorato, celeste, rosa, arancio. Sempre tondi. Poi gli occhiali sono cambiati e le lenti si sono fatte più spesse. Sono arrivate le lenti a contatto. E gli occhi sempre lì, a guardare. Quante belle cose, ho visto con gli occhi assieme a occhiali e lenti. Tutto questo fino a oggi.
Domani, se Dio vuole e la scienza è clemente, gli aiuti non mi serviranno più.
Dalla V elementare, i miei occhi hanno avuto bisogno di un aiuto. Li ricordo bene, tondi e color oro. Poi c'è stata quello colorato, celeste, rosa, arancio. Sempre tondi. Poi gli occhiali sono cambiati e le lenti si sono fatte più spesse. Sono arrivate le lenti a contatto. E gli occhi sempre lì, a guardare. Quante belle cose, ho visto con gli occhi assieme a occhiali e lenti. Tutto questo fino a oggi.
Domani, se Dio vuole e la scienza è clemente, gli aiuti non mi serviranno più.
mercoledì 14 gennaio 2009
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