sabato 28 luglio 2007

I tramonti, la notte e la strada


Ora che è sera tardi, fuori dalla mia finestra i rumori non ci sono quasi più. Ci sono le stelle, c'è tanta afa e qualche luce accesa nel palazzo di fronte. Nel silenzio, sto ripensando ai momenti che ho vissuto in queste ultime due settimane. Lo smarrimento che leggevo negli occhi intorno a me era lo stesso che avevo io nei miei. La sensazione di non sapere dove andare, di aver perso un po' la strada. Poi però riaffiora la speranza. Una speranza di uscirne vivi, quantomeno. Perché la strada è ancora lunga, ma non è perduta. Una strada come quella della foto, che ho scattato nel 2001 in Madagascar: una lingua di asfalto spaccata dal sole e dagli zoccoli degli animali che la solcano. A farle da contorno la terra rossa e i campi verdi. La sovrasta il cielo azzurro e le nuvole bianche. Ecco, quando penso a quello che vivo in questi momenti, ho l'impressione di camminare su una strada così, rovinata ma dritta che porta da qualche parte. E perché, come dice il mio amico Francesco, il momento più nero della notte è quello che precede l'alba. Il sole deve sorgere, e noi lo aspettiamo.

venerdì 27 luglio 2007

Il vento


Stamane, aprendo una cartella sul mio computer, ho trovato questa foto: è il manoscritto originale dell'Infinito di Giacomo Leopardi, per me una delle più belle poesie mai scritte nella storia della letteratura italiana. Ho ripensato a una frase che ho sentito qualche giorno fa in tv, detta da Borsellino: Speriamo che cambi il vento, che venga il libeccio, che si porti via quest'afa. Ho pensato: sì, speriamo che venga un vento nuovo, che sia libeccio o maestrale, oppure scirocco o levante o ponentino poco importa. Purché porti l'aria nuova, scompigli le carte, gli animi, i capelli. Che pulisca l'aria e spazzi via le tante parole inutili, i convenevoli, che allontani i nuvoloni neri.
Mi ha chiamato Tommaso, oggi pomeriggio, per chiedermi come stavo. La sua voce mi ha fatto proprio bene. Poi Leyla ha ritrovato la sua valigia (e sennò come andava in Egitto?) Stefano ha promesso di venirci a trovare in Puglia. Queste informazioni sono le mie buone notizie per oggi.

giovedì 26 luglio 2007

Dalle barricate, XVII giorno.



Sfogliando il blog di Simone ho trovato questa bellissima foto. La sua storia: Sisotto fa una pausa, scende in strada (vive e lavora a Sidney da marzo) e trova questa foglia. Gli viene l'illuminazione, scrive il biglietto, la appende, scatta la foto e via, la pubblica sul blog.

Oggi l'ho trovata e per fare anche un little gift a lui l'ho pubblicata pure io. E' un'istantanea speranzosa, che non fa mai male, viene da lontano, ma in quel lontano ci vive il mio amico, quindi non è poi così lontano. E guardandola, mi è venuta in mente quella cena fatta a Genzano a gennaio, il 30 per l'esattezza. Alla vigilia di eventi importanti per tutti, ci siamo ritrovati davanti a una tagliata per guardarci negli occhi, noi "LumzaFriends", quelli che volevano cambiare il mondo (e la Lumsa, a dire il vero. Ma non ci siamo mica riusciti...). Buttando sul tavolo vecchie foto, quaderni con i racconti delle mattinate passate sui banchi dell'aula magna, schizzi con le arche di noè (e chi se lo dimentica il cane calabrese?!). Cercando di capire cosa sarebbe successo domani, provando a pensare un futuro che avremmo voluto vivere a modo nostro. Ci siamo riusciti? Un po' sì, un po' no. Ma tanto di tempo ce n'è, possiamo ancora aspettare, pensare, progettare.

martedì 24 luglio 2007

sull'araba fenice e sui milioni di euro...

"Il simbolo del Pellicano che nutre i suoi piccoli con il sangue che sgorga dal suo petto è l’immagine dell’amore paterno. Per questa ragione l’iconografia cristiana ne ha fatto l’allegoria di Cristo che sulla Croce venne trafitto al petto perdendo sangue e acqua fonte della vita per gli Uomini. Il sangue scaturente dal petto del Pellicano è, per l’Ars Symbolica, la forza spirituale che alimenta il lavoro dell’alchimista che con grande amore e sacrificio conduce la ricerca della perfezione. Nell’iconografia alchemica il Pellicano simboleggia un particolare vaso nel quale veniva riposta la materia liquida da distillare.La simbologia del Pellicano fu impiegata in molteplici significati fra cui quello della Pietra Filosofale, dell’interesse non egoistico all’ascesa verso la purificazione e nel rito massonico scozzese l’uccello indicava il grado di Rosacroce, anticamente definiti «Cavalieri di Rosa Croce».
Il simbolo della Fenice trova le proprie origini nell’antico Egitto ove assumeva il significato solare associato alla città di Heliopolis. In essa veniva onorato il dio Sole che ogni giorno sorgeva e tramontava. La Fenice rappresenta spesso la fase finale del processo alchemico e gli alchimisti in questo uccello riposero il significato della spiritualizzazione completa, della rinascita della personalità risultato finale della Grande Opera. Secondo un mito greco, rifacentesi ad uno più antico egizio, la Fenice risorgeva dalle ceneri della sua pira ogni cinquecento anni e tale leggendaria immagine di longevità ed immortalità costituì, durante il Medioevo, un parallelo con l’immortalità e la resurrezione di Cristo dal Santo Sepolcro. Nell’opera l’iconografia dell’uccello viene dopo quella del Pellicano non solo nel rispetto della successione delle fasi alchemiche, ma anche nel significato rispetto a quello che lo precede. Infatti la sua capacità di ricrearsi acquisisce il significato divino nei confronti di quello umano del Pellicano. Il magnifico aspetto rosso dell’uccello (‘fenice’ deriva da una parola greca che significa ‘rosso’) evoca il fuoco creatore capace di dissolvere le tenebre della notte simboleggianti la condizione della morte, del peccato, dell’anima liberata dalla natura umana che l’opprime. Il simbolo alchimistico è molto diffuso e viene spesso impiegato per raffigurare la proprietà della Pietra Filosofale capace di moltiplicare e aumentare la quantità d’oro ottenibile dalla trattazione della vile materia prima. Nel lato sinistro della tavola la Fenice è riprodotta come simbolo maschile che protegge i due elementi fuoco e aria contenuti nelle due sfere sotto le sue ali".

Questo testo me lo ha girato Marco, che prima di essere uno dei miei migliori colleghi è un caro amico. Ecco perché, certe volte, quando penso che il mondo Epolis possa fermarsi, mi arrabbio. Perché ha creato una sinergia tra alcuni di noi unica. Perché trovarsi ogni giorno fianco a fianco a tirare su notizie, pensare il giornale, vederlo crescere ora dopo ora, provare l'emozione unica di costruirlo, pagina dopo pagina, mettendo insieme le nostre capacità ma anche i nostri limiti, cementifica, rende migliori. Perché basta una telefonata per far ritrovare insieme dieci disperati davanti a una pizza, girando su e giù per il lombardo-veneto alle 3 del mattino. Solo chi l'ha provata può capire quella solidarietà profonda di chi vive 12 ore al giorno insieme. Si diventa un po' fratelli, un po' amici, un po' vicini di casa, un po' conviventi. Ecco perché nemmeno mille milioni di euro bastano per ripagarci di tutto questo.

la mia casa

«... Vidi la festa, la gente, le bellezze veramente rare del paese, i Romani venuti in folla, i villeggianti dei vicini Castelli... L'insieme riesce vivacissimo; e visto dal piede della salita si mostra come un tappeto magnifico, che rincresce di veder poi guastato dai piedi della processione» (M.D'Azeglio).

«Tutta la strada è tappezzata di fiori.. Neanche un filo d'aria si muove e i fiori giacciono al suolo, come se fossero pesanti pietre preziose» (C.H. Andersen).

Quella che si vede accanto, è via Livia nel giorno dell'Infiorata, una festa bella e colorata che si celebra ogni anno la domenica dopo il Corpus Domini, a giugno. Tutta l'aria di Genzano profuma, perché di petali ce ne sono tanti. E l'odore della ginestra, del garofano, della rosetta, del granoturco e ancora, della mortella, della finocchiella, della sausa, del pino e del seme di scopa, si mischia quello del pane appena sfornato, in un turbine che avvolge l'aria e la imprigiona con queste essenze. La via che porta al Duomo, viene totalmente ricoperta da un tappeto floreale che, in pannelli di perfezione artistica, riproduce opere d'arte famose, tappeti elaborati ed opere di pittori celebri. L'Infiorata nata come sentimento di fede è diventata dal 1778, grazie ai fratelli Arcangelo e Nicola Leofreddi, una manifestazione d'arte suggestiva. E' gloria di fiori e di colori, che in poche ore prendono forma. Garibaldi nell'agosto del 1875 si rifiutò decisamente di passarvi sopra perché «certe cose divine non si calpestano».

In questo angolo dei Castelli romani, stretto tra le colline e la Città eterna sono nata e cresciuta. E non potevo non lasciarne segno sul mio blog che muove i primi passi.

lunedì 23 luglio 2007

l'araba fenice, dalle barricate

"Dopo aver vissuto per cinqucento anni, la Fenice sentiva sopraggiungere la sua morte, si ritirava in un luogo appartato e costruiva un nido sulla cima di una quercia o di una palma.
Qui accatastava ramoscelli di mirto, incenso, sandalo, legno di cedro, cannella, spigonardo, mirra e le più pregiate piante balsamiche, con le quali intrecciava un nido a forma di uovo.
Infine vi si adagiava, lasciava che i raggi del sole l'incendiassero, e si lasciava consumare dalle sue stesse fiamme mentre cantava una canzone di rara bellezza. Dal cumulo di cenere emergeva poi un piccolo uovo che i raggi solari facevano crescere rapidamente fino a trasformarla nella nuova Fenice nell'arco di tre giorni dopodiché la nuova Fenice, giovane e potente, volava ad Heliopolis e si posava sopra l'albero sacro".

Il mio primo post, il mio primo blog nasce in una delle estati più calde della mia vita. Sia per le temperature, sia per ciò che mi sta accadendo. E, iniziando questa avventura, ho pensato che fosse bello chiamare il mio nuovo diario come il bellissimo volatile mitico, che dopo aver vissuto moriva e rinasceva dalle sue stesse ceneri.

Scrivo dalle barricate che hanno la forma di una redazione, quella de Il Brescia, dove insieme con i miei colleghi passiamo le giornate ad aspettare delle notizie, buone o cattive che siano. Ma non per pubblicarle, come sarebbe normale per un quotidiano, ma per sapere cosa ne sarà del nostro futuro. E mentre aspettiamo, abbiamo trasformato questa nostra bella redazione in una barricata. Per resistere, resistere, resistere...