giovedì 29 novembre 2007

domenica 25 novembre 2007

NYC

Non riesco a capire che ora è. Perché in 24 ore ho attraversato due continenti, sono saltata sei ore indietro e sono tornata a casa. Ma deve essere tardi, perché ho finito di lavorare e inizio a sentire il peso del fuso orario. Perché fino a ieri sera io ero a New York City. Non l'ho amata subito, anzi. All'inizio mi ha fatto uno strano effetto. Un turbine di odori e colori, con un freddo glaciale mi hanno accolta sulla 7th. Poi però è una città che si fa amare, di cui non puoi che parlarne bene. Sta lì e aspetta che tu sappia apprezzarla, guardarne i lati belli e sopportare quelli meno belli. Aspetta che tu te ne innamori. Perché accade. E quando il cielo (che sembra sempre essere preso con il grandangolo, vero Dome?) è celeste, diventa magica. I grattacieli neri e grigi brillano sotto il sole e il celeste si abbina al rosso, al verde e al giallo delle foglie di Central Park. Ho aspettato 26 anni per vedere uno scoiattolo passarmi sulle scarpe: NYC mi ha regalato anche questo. Ho apprezzato gli odori, molteplici e multietnici, i sapori (ho mangiato di tutto...) e ho rubato con gli occhi quanto ho potuto. Ogni tanto mi fermavo e dicevo: sono a NYC. E mi sembrava una cosa meravigliosa. Ho avuto la fortuna di partecipare a una vera cena del Ringraziamento, a casa della famiglia di Lisbie, ad Hamilton nel New Jersey. Ho affettato per prima il tacchino, ho mangiato il pasticcio di carne, quello di patate dolci con le zucche. Ho mangiato la torta e bevuto la pina colada (le origini guatemalteche si sono fatte vive così), in un clima di famiglia molto caloroso e bello. Un bilancio positivo, che arricchirò ancora, ritoccando questo post appena posso, appena metto insieme gli appunti di questo viaggio a stelle e strisce.

venerdì 16 novembre 2007

Il mio Thanksgiving Day

Avevo pensato di lasciare un post con questo titolo: IL MIO VAFFADAY. Ma poi ho pensato che pensare a tutti i vaffa che vorrei dire non mi farebbe bene. Allora, visto che sto per partire, che New York sarà la mia chiave di volta, e considerato che vivrò un VERO thanksgiving day...
Grazie a me stessa. Perché è difficile sopportarmi da sola, ma ci riesco sempre.
G. a chi mi ha insegnato a sopportarmi e a portarmi rispetto.
G. a chi mi sta accanto, sempre e comunque.
G. a chi mi vuole bene, a chi mi ama.
G. anche a chi non mi ama, perché mi insegna come non vorrei essere.
G. a chi se n'è andato, e anche a chi ha avuto il coraggio di tornare.
G. a chi sta entrando, e anche a chi sta uscendo.
G. a chi da molto lontano sta sempre qua con me.
G. a chi mi fa ridere, a chi è positivo.
G. a chi mi fa bene al cuore.
G. a chi ha sempre una parola per me.
G. a chi pensa che non sono fuori di testa, ma solo un po' stanca.
G. a chi mi ha insegnato a leggere, e a chi mi consiglia i libri.
G. a chi mi ha insegnato a scrivere.
G. a chi mi scrive usando ancora carta e penna.
G. a chi ha elaborato la teoria dell'uomo post moderno.
G. a chi mi ha detto che i post moderni no, non li prendiamo in considerazione...
G. a chi è concreto. Perché sono un po' stufa di chi non lo è.
G. a chi mi accompagna negli Usa, soprattutto perché è da tempo che mi accompagna ovunque.
G. a chi non mi lascia mai. Nemmeno una volta.
G. a chi risponde sempre al telefono.
G. a chi è appena arrivato.

mercoledì 14 novembre 2007

Senti un po' che vento...

L'ultima volta che ho scritto del vento, era appena finita l'estate. C'era una foto dove io e Sara eravamo sulla spiaggia di Torre dell'Orso e aveva iniziato a tirare un vento forte, che aveva pulito bene l'aria. Ora è appena iniziato l'inverno. Fa freddo, piove e da qualche parte nevica pure. E tira di nuovo vento. Tra tre giorni parto. Vado a New York, con Leyla. Una settimana, per andare a vedere una città che sogno da sempre. In questi giorni sono successe tante cose, alcune veramente brutte, altre molto belle. Le brutte hanno sporcato Roma, il calcio e il tifo,. Hanno ricoperto di fango la polizia, hanno ucciso un ragazzo di 28 anni, mentre andava a Milano a vedere la Lazio. Le cose belle, invece sono le mie. Non le dico, perché appartengono solo a me. Ma è bello anche poterlo scrivere, dopo tanto tempo. E allora riparto, da New York, apro un'altra porta, chiudendone alcune alle spalle. "Niente paura, ci pensa la vita mi han detto così"...

martedì 13 novembre 2007

Silenzio.













Perché le parole, ora, non hanno senso.






martedì 6 novembre 2007

L'Italia di un vecchio cronista

"Torno in tv dopo un intervallo durato cinque anni: insormontabili ragioni che chiamerò tecniche mi hanno impedito di continuare il mio programma. Sono contento, perché alla mia rispettabile età c'è ancora chi mi dà una testimonianza di fiducia e mi offre lavoro. Ma non voglio portar via il posto a nessuno: non debbo far carriera, e non ho lezioni da dare. Voglio solo concludere un discorso interrotto con i telespettatori, ripartire da dove c' eravamo lasciati e guardare avanti. Quante cose succedono intorno a noi. Cercheremo di raccontare che cosa manca agli italiani e di che cosa ha bisogno la gente. Fra poco sarà il 25 aprile. Una data che è parte essenziale della nostra storia: è anche per questo che oggi possiamo sentirci liberi. Una certa Resistenza non è mai finita. C'è sempre da resistere a qualcosa, a certi poteri, a certe promesse, a certi servilismi. Il revisionismo a volte mi offende: in quei giorni ci sono state anche pagine poco onorevoli; e molti di noi, delle Brigate partigiane, erano raccogliticci. Ma nella Resistenza c' è il riconoscimento di una grande dignità. Cosa sarebbe stata l' Italia agli occhi del mondo? Sono un vecchio cronista, testimone di tanti fatti. Alcuni anche terribili. E il mio pensiero va ai colleghi inviati speciali che non sono ritornati dal servizio, e a quelli che speciali non erano, ma rischiavano la vita per raccontare agli altri le pagine tristi della storia.I protagonisti per me sono ancora i fatti, quelli che hanno segnato una generazione: partiremo da uno di questi, e faremo un passo indietro per farne un altro, piccolo, avanti. Senza intenzione di commemorarci".
(Enzo Biagi, 22 aprile 2007)

domenica 4 novembre 2007

cronisti di strada

A volte penso che chi fa il mio mestiere sia un po' deviato. Perché a forza di scrivere, cercare, guardare, trovare notizie, ci si ammala. Perché altrimenti non avrebbe senso lasciare Trastevere e Testaccio sabato sera alle 23 per partire alla volta di Guidonia. Dove, per la cronaca, un ex tiratore scelto dell'esercito italiano si è messo sul balcone di casa e ha sparato ai passanti con una carabina e un fucile da caccia. Per ora ha ucciso solo una persona, un uomo che passava per quella strada per andare al cinema con la moglie e la figlia. Ha visto il fuoco sul balcone (aveva fatto le barricate con taniche di benzina, il capitano Angelo Spagnoli) e si è fermato per avvisare la gente. Lui ha sparato, uno, due tre, fino a 50 colpi. Ha ferito otto persone, una è in fin di vita. Quando siamo arrivati in quella strada umida, fredda, c'erano gli amici di Pino il tatuatore, la vittima. Era ancora steso vicino alla sua macchina, coperto da un lenzuolo. Intorno la scientifica. Una signora ha chiesto: ma perché non sono arrivati i corpi speciali per sparagli? Gli ha risposto un altro: Qua mica è l'America. La cosa più brutta di questo mestiere è vedere, toccare, sollecitare e dover poi descrivere il dolore della gente. Le lacrime, la disperazione, i ricordi. Loro parlano, ti spiegano "quanto era buono Pino, il classico amico che tutti vorrebbero", e tu scrivi. Cerchi di sapere di più, sulla vittima, sulla moglie e sulla figlia. Ascolti, chiedi, registri (a volte si litiga anche con i colleghi, specie quegli arroganti della Rai che ti guardano dall'alto in basso). Poi te ne vai. Quando arrivi a casa, spegni la luce e da sotto le coperte pensi a quello che hai visto, ti vengono i brividi. E poi magari, ti capita come succede sempre a me: sogni feriti, morti. E ti svegli con il cuore in gola. Perché era un sogno, ma i morti li hai visti per davvero.

P.S.: e comunque, visto che ho titolato il post su una cosa di cui non ho fatto che pochi accenni, dico questo: essere un cronista è il più bel mestiere del mondo. Aggiungo una piccola noticina. Ieri sera ero con due amiche/colleghe e un cronista per caso. Ma molto più cosciente di tanti altri (presunti) cronisti di mestiere.

venerdì 2 novembre 2007

ma che città è questa?

Accade che una sera una donna rientra a casa dopo un pomeriggio di shopping e viene aggredita, rapinata, stuprata e picchiata fino alla morte. Accade che viene fermato un giovane romeno, 24 anni, col volto sporco di sangue della vittima e sulla faccia e sulla schiena i segni di una difesa disperata da parte della donna mentre veniva picchiata. Accade che nel campo rom arriva la polizia, perquisisce, ferma, arresta, manda via e butta giù baracche. Accade che il dolore di una famiglia, di un marito innamorato, di due genitori anziani e con il cuore spezzato, di fratelli, amici viene strumentalizzato dalla politica di casa nostra, in un balletto di responsabilità che fa venire il voltastomaco. Accuse reciproche, responsabilità scaricate ora a destra ora a sinistra. Accade che il giorno dopo la morte di Giovanna Reggiani, in un parcheggio arriva un raid punitivo: catene, bastoni contro un gruppo di romeni picchiati selvaggiamente. Tutto questo accade a Roma. "La città più sicura del mondo prima dell'entrata della Romania in Europa" tuona Walter Veltroni che fa le prove generali da premier, dopo qualche ora dall'aggressione. "Il 75% dei reati in città sono commessi da romeni", prosegue il Primo cittadino. Intanto, dietro l'Auditorium della Festa del cinema, a pochi passi dagli Studios di Cinecittà ci sono baracche, tuguri, topi, sporcizia e disperazione, raccolte nei campi abusivi di cui Roma è piena. Questo volto "invisibile" di Roma (come lo chiama Peppe Mariani) non deve e non può giustificare la violenza e l'infrazione della legge. Ma ha ragione il pastore valdese Antonio Adamo: "L'Italia per l'immigrazione è stata superficiale. Non si può accogliere e lasciare pooi lungo gli argini del fiume". Ma di chi è la colpa? Di tutti e di nessuno. Cosa si può fare? Il governo ha varato un pacchetto sicurezza, facendo la sua parte. Ma ho l'impressione che la paura dell'altro, del diverso, dell'immigrato sia diventata talmente normale da soffocare il senso di solidarietà e di giustizia verso i disperati.