martedì 10 giugno 2008

Vergogna Capitale.

Maria ha 82 anni e da oggi ha iniziato lo sciopero della fame. Vive da 40 anni con il marito in una casa in via dei Colli Portuensi: con 900 euro di pensione, ne pagano 700 di affitto. Con 200 euro devono campare, mangiare, pagare le bollette, pagare il condominio di 167 euro e i riscaldamenti.

Maria ha il viso segnato dalle rughe e gli occhi celesti. Piange quando spiega che lei non ce la fa più ed è costretta a fare lo sciopero della fame. Veniva da piangere anche a me che l'ascoltavo e che sapevo che avrei dovuto raccontare delle sue lacrime senza scrivere lacrime.

Maria è una degli affittuari di un gruppo di quattro palazzine in una bella zona di Roma. La proprietà, la Unicredit, poco più di un anno fa manda a tutti un avviso: si vende. Ergo, o comprate a prezzi esagerati (una media di 490 mila euro ad appartemento) o andate via. Ovviamente delle 67 famiglie, solo 25 hanno potuto comprare e alcune di queste sono già in difficoltà con il mutuo (40 anni a 2.300 euro al mese). Hanno ingaggiato una lotta senza risparmiarsi niente, facendo picchetti, occupando una sede della Gabetti (la società che si occupa delle vendite). Niente. La proprietà dopo uno spiraglio iniziale ha chiuso la porta. O si fa come dicono loro o Maria, Franco, Marisa ecc... devono trovarsi un'altra casa. Punto e basta. Non è servito l'intervento della Regione, con l'assessore Astorre, né quello dell'ex delegato alla Casa del Comune Galloro. Niente.

Ecco la vergogna di Roma. Trentamila famiglie in graduatoria per una casa popolare, 120mila appartamenti sfitti e prezzi alle stelle: una casa con due camere alla Bufalotta (alla BU-FA-LOT-TA) costa oltre 380mila euro. Senza autobus, né scuole né farmacie.

La cosa gravissima è che la crisi sta inghiottendo anche il ceto medio: insegnanti, ex professionisti in pensione, dipendenti pubblici e no, commercianti. La nuova povertà sono loro.

A Maria, oggi alle 13, un medico ha misurato la pressione, alla prima ora del suo sciopero della fame. Stava bene, mentre sorseggiava un po' d'acqua stretta dalla morsa del caldo. Insieme con lei, altri quattro inquilini tra cui Marisa Falovo, l'anima del Comitato dei Colli Portuensi 187 e Paolo Di Vetta, uno dei principali protagonisti della lotta per la casa a Roma. "Meglio morire di fame che sotto i ponti senza dignità", dice Marisa.

Quando me ne vado, Maria mi saluta con la mano. Non dice una parola, ma non serve. La lezione di dignità che mi ha dato con il silenzio mi è bastata.

PS: io oggi (domani per i lettori) ho scritto una pagina sul mio giornale, Epolis : ma stamane c'erano solo due tv locali, il tg3 Lazio, il Corriere della Sera e l'Ansa che ha fatto un lancio da 1.050 battute. Millecinquanta battute. Niente di più.

1 commento:

Giornalaio ha detto...

Brava. A che cosa serve imbrattare pezzi di carta se la vita vera - come quella che racconti tu in questo post - resta relegata in fondo alle cronache, mentre le dichiarazioni politiche, cioè un nulla ben confezionato, finiscono in vetrina?