martedì 29 aprile 2008

adesso che tutto è finito...

...trovo cinque minuti per scrivere. Finalmente. Anche se nelle ultime settimane non ho fatto altro che riempire pagine con parole, dichiarazioni, numeri, dati e nomi, mi mancava un po' poter scrivere QUELLO CHE MI PARE.

La campagna elettorale è finita, ora inizia un periodo molto intenso, con la nuova giunta, il nuovo sindaco, il nuovo consiglio. Tutto nuovo, come altrimenti non potrebbe essere vista la nuova maggioranza che siede in Campidoglio. Inutile negare che sono contenta che a vincere sia stato Alemanno, ma non voglio parlare di lui né della destra che governerà Roma. Voglio solo togliermi due sassolini dalle scarpe.

Il primo, riguarda la sinistra. Ho detto a Denise: "Se fate la rivoluzione, scendo in piazza con voi". Perché leggere e sentire che la colpa di questa debacle sia della "cosa rossa" mi fa vomitare. Quella che i signori del Piddì chiamano "cosa rossa" è stata l'unica formazione di sinistra che a Roma è scesa tra la gente, ha ascoltato i problemi, ha vissuto con passione le periferie (vedi la vicenda degli appartamenti requisiti nel IX, X e XI). Il Piddì è rimasto nel loft, ha mandato il povero Rutelli a fare da kamikaze contro una macchina da guerra che al secondo giro lo ha stritolato. Sono usciti dalle fabbriche per riempire i salotti, ed ecco i risultati: nelle periferie c'è andato Alemanno "il nero", conquistando parecchi voti anche lì. Ergo, la falla della sinistra, a mio modestissimo avviso, sta proprio lì. Sono spariti dal loro habitat naturale, rimpiazzati da chi li governerà per i prossimi cinque anni. E tanti saluti.

Il secondo. Beppe Grillo. Ma io dico, fai il comico? Ecco, facce ride. Perché vedere le piazze riempite da Grillo, mi fa salire il sangue al cervello (e anche qui, le piazze riempite da un comico che non fa ridere manco più mentre la Sinistra arcobaleno attende i risultati elettorali all'Hard rock cafè di via Veneto...ma lasciamo stare). Vuole abolire le "caste", l'ordine dei giornalisti. Raccoglie firme, urla nel microfono, fa liste elettorali. Scrive Francesco Merlo: "Grillo attacca i giornali perché non scrivono quel che vuole lui e come vuole lui. Come tutti i demagoghi italiani, vorrebbe abbattere la stampa. Crede di essere una somma di Totò e del professor Sartori, uno che prende drammaticamente sul serio la propria scienza politica". E ancora: "E come tanti altri anche Grillo attacca i giornali perché non scrivono quel che vuole lui e come vuole lui: "Pennivendoli di regime". E sogna un capo dello Stato meno "Morfeo" e dunque più decisionista, purché ovviamente nel consiglio di reggenza di questo virile presidenzialismo ci sia lui, Beppe Grillo. Grillo non lo sa, ma il giornalismo, che come tutti i demagoghi italiani anch'egli vorrebbe abbattere, serve anche a mostrare la realtà che sta dietro il dito dell'inaudito".

Il blog è mio, ma lascio volentieri a Merlo la conclusione del post: "Vogliamo dire che Grillo scambia per prepotenza d'altri la propria incapacità di capire che la realtà è l'insieme di centinaia di punti di vista. Nulla di nuovo e nulla di grave, anche perché i giornalisti non sono sacri. L'importante è non attaccare il diritto degli altri a ficcare il naso nella realtà. Se dunque non gli piacciono i mille giornali che lo raccontano in mille modi, tutti diversi da come egli vede se stesso, Grillo faccia lui un giornale che gli somigli di più, che sia specchio del suo narcisismo: un giornale che canta, insulta e sputa in aria". Amen.

2 commenti:

ofelia ha detto...

Cara Marta, sono d'accordo: parola di comunista. Il problema è uno solo e si chiama veltroni e la sua oligarchia. Hanno cambiato nome al dissenso appellando come disfattismo. Hanno definito "vetero comunisti" quelli che parlavano ancora di soliedarietà, salari e operai e detestavano il "Maanchismo". Ora basta. Roma non è più di Veltroni, la sua vera maledizioni è doversi trovare finalmente un lavoro.

Giornalaio ha detto...

E mettere Rutelli candidato sindaco significa voler cambiare soltanto a parole, senza rendersi conto che la gente se ne accorge se la stai a cojonà (come dicono in Francia). E purtroppo, come diceva l'altro giorno a taccuini chiusi un parlamentare Pd veneto, «Noi siamo come quelli che vogliono mettere le mutande al mondo. Parliamo di ideali e di cambiamento, ma poi quando dobbiamo fare, facciamo ben poco».